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Il ponte vecchio di Miraka in Albania – al confine delle montagne
nevose ed i paesi mediterranei (foto: Anita Major)

Progetto


Ricerca dell’ esercito perduto


Quatromila chilometri, otto paesi, cinquanta destinazioni, a decine di intervistati: la statistica ostentatrice dice poco di quel viaggio che porta in profonditá di cent’ anni. Gábor Margittai ed Anita Major dopo quatro anni di ricerca, d’ estate di 2014 hanno avviato una spedizione di ricerca sui Balcani per inseguire un esercito strano. Quell’ esercito ha avuto cent’ anni di “vantaggio”. In piú ha rallentato la ricerca quella circostanza che i diversi cambiamenti di imperi e regimi, genocidi e guerre hanno modificato completamente il terreno dove hanno marciato  quel gregari. Cosí hanno cominciato indagare l’armadia perduta – per trovare i soldati spiriti di Asinara.


In quanto progetto dei festeggiamenti del centenario della prima guerra mondiale, come risultato delle ricerche di diaspore per anni é stato realizzato una mostra itinerante internazionale multimediale che confronta il visitatore con il calvario  dimenticato-dissimulato dei prigionieri di guerra ungheresi. La mostra aperta in dicembre di 2014 fa parte di un programma complessa: in ottobre é uscito nello stesso argomento il nostro libro col titolo “Soldati spiriti di Asinara - La marcia mortale nascosta della grande guerra”, inoltre sempre in autunno di 2014 abbiamo girato un film documentario di cinquanta minuti in Asinara, alla stazione terminale dei prigionieri di guerra – produttore esecutivo: András Feledy, regia: Anita Major, protagonista e spezialista: Gábor Margittai, fotografia: Csaba Talán. É una vergogna – é la nostra vergogna comune europea – che questa mostra e questo documentario saranno i primi al mondo che trattano la storia dei campi di prigionia di Asinara, e per di piú dal punto di vista ungherese.

Ripresa in Asinara, alle rovine dell’ospedale di Stretti di una volta (foto: Péter Ney)

Non c’é da sputirsi che Asinara é circondata dal silenzio. E noi ungheresi? Noi non sappiamo neanche su cosa non dovremmo tacere. Per esempio su quello che durante gli operazioni di guerra contro Serbia in 1914 tanti sono fatti prigionieri di guerra giá nelle prime ore, dopo l’offensiva di 1915 delli imperi centrali li ha fatto marciare avanti dal campo di prigionia di Niś. Dopo il crollo dell’ esercito serbo a Rigómező, i serbi hanno fatto marciare i 35 mila prigionieri monarchici - i restanti del popolo di piú di 85 mila, i sopravissuti dell’ epidemie – verso sud-ovest. I soldati k.u.k. erano costretti di marciare tutta l’ Albania in marcia forzata, in pratica senza nessuna sussistenza, per essere traghettati poi a bordo di piroscafi da bestiame italiani per Sardegna – e verso ulteriori inferni.
É indescrivibile cosa é avvenuto i prigionieri nelle montagne balcaniche. La truppa dormiva al cielo aperto, all’ alba si sono congelati centinaie di persone. I piú forti rubavano dai piú deboli le carotte marcie cavate, i camerati hanno strappati l’ abito l’uno dall’altro, e addirittura alcuni racconti  parlano dei casi di cannibalismo.

I restanti umani della marcia mortale nelle montagne di Albania

Gábor Margittai ed Anita Major hanno ricercato e trattato la stroria del campo di prigionia di Asianra e l’ odissea dei prigionieri. La coppia dei compostiori da decenni viaggiava per il bacino dei Carpazi e per continenti lontani per indagare delle tracce scordate del popolo ungherese. L’ obiettivo del loro ultima pionieristica impresa era di rivelare la storia del calvario dei prigionieri di guerra k.u.k con delle  richerche sul posto e negli archivi - viaggiando per migliaia di chilometri con la macchina, a piedi e sul mare, tutto il percorso della marcia mortale balcanico. Come risultato della spedizione moderna – attraversando nazioni ed ex nemici , ma concentrando l’attenzione sui prigionieri di guerra ungheresi – erano intenzionati a salvare dei ricordi materiali ed intellettuali. Dando a vedere anche che é avvenuto ai paesi e comunitá coinvolti durante questo secolo.

Prizren di Kossovo é stato salvato dalla rovina da un prigioniero capitano ungherese
di nome Kamill Aggházy (foto: Anita Major)

La mostra aperta per primo nella Casa della Nazione Ungherese guida i visitatori sul tutto il calvario dei prigionieri di guerra. La materia dei foto e film preparata – che é basata sulle contrappunteggiature di posti bellissimi edenici e sofferenza infernale, altresí “era cosí ed é cosi oggi” – completando con delle riprese archiviche, diari mai pubblicati e diciture nel quadro di una mostra itinerante multimediale  dopo la vernice di Budapest, arriveranno anche in altre cittá e paesi ungheresi, di piú nelle sale esposizioni dei paesi interessati nella marcia mortale.


Cartolina spedita al prigioniero n. 3316, Ádám Jankovics
- dall archivio privato di Giorgio Madeddu
Il campo di prigionia di Asinara e la marcia mortale balcanico presentano in modo “il mare in goccia” la distruzione della prima guerra mondiale, la tensione tra i popoli della Monarchia Austroungarica, in piú quel processo che era anticipato la nascita dei campi di sterminio totalitario. La materia collezionata rivela un capitolo sconosiuto della cultura ungherese (ed austro-ungharico), nel tentativo di rimettere i soldati spiriti scordati d’ Asinara ed il loro calvario sul posto meritato nella memoria comune. Nel contempo parlare delle vicende non parlate tra gli ex nemici, per annientare i tabú centennali, invece della possibilitá del dialogo. 

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Gábor Margittai

Soldati spiriti d’ Asinara
La marcia mortale nascosta della grande guerra


Era l’isola prigione terribile per i mafiosi della mafia siciliana fino alla fine degli anni novanta, in precedenza era  colonia penale per banditi e terroristi. Oggi é uno splendido paradiso per turisti nel cuore del Mediterraneo, sulla riviera piú selvatica della Sardegna. Chiunque sbarca sulla terra degli asini bianchi non penserebbe che “l’isola del diavolo” nascondi le ossa dei soldati ungheresi. Cent’ anni fa durante la prima guerra mondiale c’ era un campo di prigionia tra le rocce di granito, nei golfi isolati dal mondo esterno – causando indescrivibili sofferenze ai gregari dell’ armata austro-ungarico. I soldati caduti prigionieri sul campo di guerra serbo dovevano marciare ottocento chilometri sui Balcani, poi erano sbattuti dalle onde per giorni a bordo dei piroscafi da bestiame per arrivare in Sardegna.


Come sono restati dai ottantacinque mila prigionieri seimila morti che camminarono? Dove é scomparso l’ esercito disperso? Peché é diventato sconosciuto il soldato conosciuto? Come hanno inghiottito i prigionieri i lager della prima guerra mondiale? Gábor Margittai, ricercatore ungherese di Asinara  la prima volta al mondo ha seguito il percorso dei prigionieri passando tutte le pietre, ha esplorato i campi di prigionia, e  con i suoi indagini che traversano tutta l’ Europa e durano da diversi anni ha scoperto cosa é succeso  ai soldati spiriti di Asinara.
La sensazione del centenario é la storia della marcia mortale nascosta della grande guerra: il  calvario dei prigonieri di guerra dalle trincee di Serbia attraverso le montagne nevose di Albania fino all’ isola dei campi di prigionia di Sardegna.

Ossario – Asinara (foto: Gábor Margittai)

“Per Ungheria non é facile ricordare della prima guerra mondiale. Si ricorda a malincuore di una guerra perduta, ma in questa guerra Ungheria non é subito soltanto una sconfitta. Sui campi di battaglia hanno perso la vita piú di mezzo milione dei suoi cittadini, poi con il Trattato del Trianon ha perso due terzi del suo territorio e della sua popolazione complessiva.
Il libro di Gábor Margittai dimostra perché non é facile questa ricordanza. Da una parte si sa poco di tutto che é successo con gli ungheresi cent’ anni fa. D’ altronde quando si sa finalmente di piú, viene fuori che sarebbe meglio di  non sapere.
Questo libro tratta di sofferenza, della sofferenza di quelli ungheresi che per conseguenza dell’ imprevedibilitá cruda della guerra nel 1914 o nel 1915 si sono trovate sul campo di guerra serbo,  sono stati fatti prigionieri di guerra, hanno sopravissuti la marcia mortale in Albania, e alla fine li hanno portato ai campi di prigionia di Asinara  situata vicino a Sardegna.
Gábor Margittai commemora loro, ma come é questa commemorazione?
Devo confessare che in tutta la mia carriera di storico militare di un quarto di secolo, non ho mai letto un testo piú commovente di questo. Margittai sa tanto dei suoi eroi: nel corso del suo lavoro giornalistico ha cercato le tracce dei partecipanti della marcia mortale con una costanza e scrupolo che supera anche i storici. Ha fatto la ricerca della storia dei campi di prigionia di Asinara per anni sia sul posto sia nei documenti di archivi e biblioteche. La sua narrativa affascina i lettori perché é molto movimentata, inpensabilmente vivibile e visualizza l’orrore intensamente, quasi quasi in modo naturalistico.
É difficile liberarsi dall’ effetto del libro.”
Ferenc Pollmann

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